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5.32 Come mai fotografi famosi dicono che le foto lunari sono false?

IN BREVE: Sono fotografi famosi, ma di cose terrestri: non hanno esperienza di foto nello spazio, dove le condizioni di illuminazione e riflettività del suolo lunare sono molto differenti che sulla Terra. Inoltre hanno esaminato versioni elaborate delle foto invece degli originali, nei quali le presunte incongruenze non ci sono. In un caso, addirittura, a questi fotografi è stato mostrato un fotomontaggio invece di una foto originale.


IN DETTAGLIO: Nel suo video American Moon (2018), Massimo Mazzucco sostiene varie tesi di complotto interpellando o citando alcuni fotografi di indubbia esperienza: Toni Thorimbert, Aldo Fallai, Oliviero Toscani, Nicola Pecorini e Peter Lindbergh. Mazzucco stesso è un fotografo. Questi fotografi citano varie obiezioni tecniche che li portano ad argomentare che le foto delle missioni Apollo sono false.

  • Radiazioni. Si afferma che le radiazioni cosmiche avrebbero dovuto velare le pellicole delle missioni Apollo, e per dimostrarlo i fotografi citano gli effetti sulle loro pellicole delle macchine a raggi X usate negli aeroporti, schermabili solo con il piombo. Ma il paragone è sbagliato, per le ragioni che verranno dettagliate nella sezione Come è possibile che i raggi X nello spazio non abbiano velato le pellicole? del Capitolo 8: le radiazioni nello spazio non sono paragonabili nemmeno lontanamente, per intensità, a quelle di uno scanner a raggi X. È come confrontare una brezza con un uragano. E se fosse vero che nello spazio profondo le pellicole si dovrebbero velare, allora si sarebbero dovute velare anche quelle usate dalle sonde spaziali russe e americane che hanno visitato la Luna (Lunar Orbiter 1-5, 1966-67; Luna 3, 1959; Luna 12, 1966). Non si velarono.
  • Temperature. I fotografi fanno riferimento alle loro esperienze di temperature estreme, notando che con il gelo o il caldo intenso la fotocamera si inceppa per dilatazione o contrazione termica dei meccanismi e che la pellicola si vetrifica per il freddo. Ma le loro esperienze sono, ovviamente, terrestri, quindi fatte in un’atmosfera che si scalda e si gela e conduce il calore e il freddo per contatto; cosa che nello spazio non succede, essendoci il vuoto, come verrà descritto in dettaglio nella sezione Ma gli sbalzi termici enormi non avrebbero dovuto sciogliere o gelare le pellicole? del Capitolo 8. Anche qui, se fosse vera questa tesi, allora si sarebbero dovute inceppare le fotocamere e vetrificare le pellicole anche nelle missioni delle sonde russe e americane già citate. Non accadde.
  • Ombre non parallele. Questa obiezione è già stata discussa nella sezione Come mai le ombre nelle foto lunari non sono parallele? di questo stesso capitolo: i fotografi, forse per mancanza di familiarità con l’ambiente lunare, non sembrano considerare l’ipotesi che la superficie della Luna possa avere dossi o avvallamenti che alterano la direzione apparente delle ombre.
  • Controluce. I fotografi affermano che gli astronauti e i veicoli fotografati in controluce o in ombra dovrebbero risultare nerissimi. Anche questa obiezione è già stata analizzata, nelle sezioni Come possono esserci foto in controluce se sulla Luna non c’è aria? e Come mai si vedono gli astronauti in ombra, che nel vuoto dovrebbero essere al buio?: nel vuoto e in aria il controluce funziona nello stesso modo e le ombre vengono rischiarate dalla luce riflessa dalle superfici illuminate circostanti.
  • Hotspot e fall-off (cadute di luce). Come già discusso nella sezione Non è strano che gli astronauti sembrino sotto un riflettore (hotspot)?, la particolare natura del suolo della Luna contribuisce a creare luminosità maggiore nella zona centrale delle fotografie (succede anche nelle foto delle sonde lunari cinesi), e il getto del motore di discesa del Modulo Lunare ha spazzato via la polvere in alcune zone e in altre no, alterando la riflettività del suolo. I fotografi interpellati, non conoscendo in dettaglio la geologia lunare e lo svolgimento delle missioni Apollo, non sono al corrente di queste particolarità e quindi tentano di spiegarle facendo riferimento alle tecniche di illuminazione di studio che conoscono, ipotizzando che la NASA abbia usato un riflettore che però copriva solo la porzione centrale del suolo. Ma nessuno di loro si ferma a chiedersi perché mai la NASA sarebbe stata così tirchia da usare un solo riflettore insufficiente invece di adoperarne uno più potente o tanti raggruppati, in modo da illuminare tutto bene e uniformemente da lontano.

In sintesi: questi grandi fotografi sono esperti di fotografie terrestri e nessuno mette in dubbio il loro talento artistico e tecnico in ambiente terrestre. Ma non hanno esperienza di fotografia nello spazio e non conoscono le particolarità dell’ambiente spaziale (basti pensare al fatto che sulla Luna, in pieno giorno, il cielo è nero e quindi non diffonde luce come avviene sulla Terra), per cui è comprensibile che arrivino a conclusioni errate.

Se poi vengono presentate loro foto elaborate e addirittura false, è ancora più comprensibile che vengano tratti in inganno. Infatti le immagini che Mazzucco mostra a questi fotografi hanno un contrasto artificialmente esagerato e una è un fotomontaggio.

Per esempio, Mazzucco mostra loro questa famosa foto, e loro rispondono che è falsa per via della caduta di luce in primo piano e sullo sfondo:

Figura 5.32-1. La foto AS11-40-5903, nella versione mostrata in American Moon.


Tuttavia si tratta di una versione nella quale il contrasto è stato aumentato parecchio rispetto alla scansione originale, esagerando le piccole differenze di luminosità del suolo e creando quindi artificialmente i presunti hotspot e i fall-off.

Questa esagerazione è molto frequente per motivi estetici, come mostra la Figura 5.32-2 (non esagerata, comunque, quanto la versione usata da Mazzucco); ma le reali variazioni di luminosità sono modestissime, come mostra la scansione non elaborata di Figura 5.32-3.

Figura 5.32-2. Foto AS11-40-5903, elaborata per ottenere maggiore contrasto e neri più pieni.


Figura 5.32-3. Scansione non elaborata della foto AS11-40-5903.


La serie completa di foto lunari di Apollo 11 è disponibile online in versione elaborata e non elaborata.

Mazzucco, inoltre, chiede a Thorimbert, Toscani, Fallai e Lindbergh di valutare la fotografia di Figura 5.32-4 e ottiene da loro la risposta che si tratta di un falso per via dell’illuminazione incoerente.

Figura 5.32-4. Toni Thorimbert critica una foto in American Moon.


Nessuno di questi esperti fotografi, tuttavia, si accorge che si tratta di un fotomontaggio (Figura 5.32-5), già discusso nella sezione Come mai c’è una foto vistosamente falsa del Modulo Lunare sulla Luna?. Nessuno di loro nota indizi evidenti, come il fatto che mancano le crocette di riferimento e che il Sole è stato aggiunto con i classici effetti digitali di fotoritocco a computer (una fotocamera degli anni Sessanta non avrebbe mai prodotto riflessi circolari del genere).

Cosa ancora più importante, questo fotomontaggio è stato realizzato componendo foto scattate con regolazioni differenti per le zone in ombra e per le zone in piena luce e correggendo digitalmente i livelli di luminosità, per cui crea una percezione falsata delle condizioni di illuminazione che i fotografi sono stati chiamati a valutare.

Figura 5.32-5. Fotomontaggio creato nel 2008 da Ed Hengeveld.


In altre parole, Massimo Mazzucco ha chiesto ai fotografi se le foto lunari sono false dando loro una foto falsa. Non c’è da stupirsi della loro risposta.