IN DETTAGLIO: Secondo alcuni lunacomplottisti, Neil Armstrong, primo uomo a mettere piede sulla Luna, si tenne lontano da giornali e TV dopo le celebrazioni svoltesi poco dopo l’impresa lunare del 1969. Stando a loro, la sua assenza dai media fu dovuta al senso di colpa che lo affliggeva per aver mentito al mondo durante la messinscena lunare e per tutti gli anni successivi.
La realtà è parecchio diversa. Dopo l’allunaggio concesse numerosissime interviste, come questa alla BBC (Figura 9.2-1):
Figura 9.2-1. Neil Armstrong intervistato da Sir Patrick Moore per il programma The Sky at Night della BBC (1970). Presso Complottilunari.info è disponibile una trascrizione.
Negli anni Settanta Armstrong fu persino testimonial pubblicitario televisivo per la Chrysler (Figura 9.2-2).
Figura 9.2-2. Uno spot pubblicitario interpretato da Neil Armstrong.
Nel 1983 fu ospitato in TV da Bob Hope, che era non solo un mito della televisione statunitense, ma anche un amico personale di Armstrong, che aveva svolto con lui un tour delle basi militari americane in Vietnam a dicembre del 1969, poco dopo lo sbarco sulla Luna di Apollo 11. In questa apparizione televisiva Armstrong chiacchierò e scherzò con il celeberrimo comico televisivo (Figure 9.2-3 e 9.2-4).
Figura 9.2-3. Neil Armstrong con Bob Hope.
Figura 9.2-4. Alcune immagini di Neil Armstrong con Bob Hope durante un tour in visita alle truppe nel 1969.
Nel 1984 fu anche intervistato da Tito Stagno, Paolo Frajese e Giuseppe Lugato per la RAI (Figura 9.2-5).
Figura 9.2-5. Neil Armstrong intervistato dalla RAI (1984).
Armstrong fu anche ospite del Festival di Sanremo del 1999. La manifestazione canora ospitò anche Buzz Aldrin in una serata distinta, prima di Armstrong.*
* Anche Laetitia provò a cantare di Pierangelo Sapegno, La Stampa, 24 febbraio 1999; Laetitia: “Siete così tonti” di Pierangelo Sapegno, La Stampa, 26 febbraio 1999.
È però vero che Armstrong era una persona proverbialmente laconica, come raccontano anche i suoi colleghi nelle loro biografie. L’astronauta lunare Gene Cernan lo descrive così nella propria autobiografia The Last Man on the Moon:
Questo tipo era un anno avanti rispetto al nostro gruppo ed era così modesto che non avresti mai detto che aveva compiuto settantotto missioni su aerei a reazione Panther, decollando dalla portaerei Essex, e che era stato decorato con tre medaglie d’aviazione. Il suo nome era Neil Armstrong. Anni dopo, quando Neil era già uno dei principali piloti collaudatori dell’aereorazzo sperimentale X-15 alla base aerea militare di Edwards, Smitty gli fece visita e poco dopo si trovò nel seminterrato di casa assieme al silenzioso pilota, ad avvolgere tubi nel nastro isolante. Smitty, che all’epoca era un ingegnere aeronautico, era naturalmente curioso a proposito dell’aereo, che era il più sensazionale nei cieli d’America, e chiese: «E quindi, Neil, adesso piloti l’X-15?». Neil continuò ad avvolgere i tubi e rispose: «Già». Fine della conversazione. Neil non era uno a cui importava far colpo sulla gente con le parole: a lui bastava che fosse il suo lavoro a parlare per lui. In effetti, era così taciturno che quando compì il suo storico primo passo sulla Luna e disse: «È un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità», quelli di noi che lo conoscevano non furono sorpresi per il fatto che fosse riuscito a trovare una frase così memorabile. La vera sorpresa fu che fosse riuscito a dire qualcosa.
In originale:
This fellow was a year ahead of our class, and so modest that you would never know he had flown seventy-eight missions in Panther jets off the aircraft carrier Essex and won three air medals. His name was Neil Armstrong. Years later, when Neil was a top test pilot for the experimental X-15 rocket plane at Edwards Air Force Base, Smitty dropped by for a visit and soon found himself beneath the house with the quiet aviator, wrapping pipes with insulation tape. Smitty, by then an aeronautical engineer, was naturally curious about the plane, which was the hottest thing in American skies, and asked, “So, Neil, you’re flying the X-15 now?” Neil kept wrapping the pipes and said, “Yup.” End of conversation. Neil was not one to worry about impressing people with mere words, content to let his work speak for him. In fact, he was so quiet that when he made his historic first step onto the Moon and said, “That’s one small step for man, one giant leap for mankind,” those of us who knew him were not surprised that he had come up with such a memorable phrase. The real surprise was that he said anything at all.
È altrettanto vero che nei quattro decenni della propria vita successivi all’allunaggio, Armstrong centellinò con molta cura le proprie apparizioni pubbliche e difese strenuamente la propria immagine contro gli speculatori.
Per esempio, Armstrong fece causa nel 1994 alla Hallmark Cards per aver usato il suo nome e la sua voce senza permesso in una decorazione natalizia: il risarcimento fu devoluto alla Purdue University, dove si era laureato.
Nel 2005 il suo barbiere mise all’asta i suoi capelli tagliati, che andarono a un collezionista per 3000 dollari; Armstrong minacciò azione legale e il barbiere donò il ricavato dell’asta a un ente benefico.
Una delle poche interviste personali a Neil Armstrong è quella concessa nel 2005 al popolarissimo programma 60 Minutes della rete televisiva statunitense CBS (Figura 9.2-6) in occasione della pubblicazione della sua biografia, curata dallo storico James Hansen e intitolata First Man: The Life of Neil A. Armstrong.
Figura 9.2-6. L’intervista di Armstrong a 60 minutes (CBS, 2005). Presso Complottilunari.info è disponibile una trascrizione parziale.
Un altro esempio delle sue apparizioni pubbliche è il video del 2002 mostrato in Figura 9.2-7, in cui Neil Armstrong diverte e si diverte con il pubblico.
Figura 9.2-7. Neil Armstrong partecipa al Buffini & Company's MasterMind Summit (2002).
Armstrong rimase comunque un uomo riservato e modesto, che preferiva parlare di argomenti tecnici piuttosto che dei suoi sentimenti personali. Fece parte delle commissioni pubbliche d’inchiesta sugli incidenti dell’Apollo 13 (1970) e della navetta Challenger (1986), che lo riportarono alla ribalta in due momenti drammatici del programma spaziale statunitense.
Fu poi il conduttore della serie di documentari televisivi statunitensi First Flights with Neil Armstrong (1991, Figura 9.2-8), in cui raccontò la storia dell’aviazione intervistandone i protagonisti e volando sui velivoli più straordinari, e partecipò al documentario della PBS Kitty Hawk: The Wright Brothers’ Journey of Invention (2003), dando la voce a Orville Wright. Nel 2010 offrì la propria voce per il film d’animazione Quantum Quest: A Cassini Space Odyssey insieme a James Earl Jones, Samuel L. Jackson, Chris Pine e molti altri attori celebri.
Figura 9.2-8. I trailer delle tre stagioni di First Flights with Neil Armstrong, serie di documentari sulla storia dell’aviazione.
Armstrong concesse inoltre lunghissime interviste tecniche ai curatori dell’Apollo Lunar Surface Journal e partecipò al documentario When We Left Earth (2008).
Nel 2009 celebrò il quarantennale dello sbarco sulla Luna partecipando, insieme ad Aldrin e Collins, alla John H. Glenn Lecture, una conferenza annuale che si tiene al National Air and Space Museum a Washington, D.C., e al gala per il quarantennale della missione Apollo 12 presso il Kennedy Space Center, dove dimostrò una discreta verve umoristica e autoironica (Figura 9.2-9).
Figura 9.2-9. Neil Armstrong rende omaggio ai protagonisti della missione Apollo 12 nel 2009. Credit: David Meerman Scott, ApolloArtifacts.com.
Armstrong, inoltre, prese posizione pubblicamente contro i piani dell’amministrazione Obama di ristrutturare la NASA.*
* Neil Armstrong blasts Obama’s ’devastating’ Nasa cuts, di Jacqui Goddard, Times Online, 14/4/2010.
Tutte queste scelte non sembrano certo quelle di una persona che si vergognava.
Inoltre Armstrong non era affatto irraggiungibile: per esempio, ad aprile 2011 alcune agenzie di stampa italiane scrissero che l’astronauta sarebbe stato tra gli adepti del santone indiano Sai Baba, morto pochi giorni prima. La cosa mi parve decisamente improbabile e così contattai via mail James Hansen, il biografo di Armstrong, per avere chiarimenti in merito.
Nel giro di ventiquattr’ore mi arrivò una mail personale da Armstrong (Figura 9.2-10), nella quale l’astronauta chiarì concisamente che non sapeva neppure dell’esistenza di Sai Baba, non aveva mai comunicato in alcun modo con i suoi associati o seguaci e non era sorpreso dell’asserzione che lo riguardava, dato che molte organizzazioni religiose l’avevano indicato come loro membro.
Figura 9.2-10. La mail inviatami da Neil Armstrong ad aprile 2011: "Egregio Sig. Attivissimo, grazie per la sua richiesta di informazioni. Non conosco il nome Sai Baba e non ho comunicato in alcuni modo con suoi associati o seguaci. Tuttavia non sono sorpreso, dato che molte organizzazioni religiose mi hanno rivendicato come loro membro. Cordiali saluti, Neil Armstrong."
A fine aprile del 2012, pochi mesi prima di morire, rilasciò ad Alex Malley di CPA Australia una lunga intervista (trascritta in parte in L’ultima intervista di Neil Armstrong? su Complottilunari.info) che fu probabilmente l’ultima della sua carriera e nella quale raccontò numerosi dettagli della propria storia professionale e del proprio modo di vedere il mondo.
Figura 9.2-11. Neil Armstrong intervistato da Alex Malley (2012).
Per chi è rimasto al mito giornalistico di Neil Armstrong come uomo di ghiaccio del tutto privo di senso dell'umorismo, la Figura 9.2-12 mostra una foto che la dice lunga: fu scattata nel 1966, quando Armstrong era membro dell’equipaggio primario della missione Gemini 8 insieme a David Scott, mentre Pete Conrad e Dick Gordon componevano l'equipaggio di riserva.
Figura 9.2-12. In alto a sinistra, Dick Gordon; in alto a destra, Pete Conrad; in basso a sinistra, Dave Scott; in basso a destra, Neil Armstrong.