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9.10 L’ispettore della sicurezza Baron fu ucciso?

IN BREVE: Thomas Baron morì in un incidente d’auto (investito da un treno) dopo aver testimoniato anche per iscritto di fronte al Congresso e dopo aver reso pubbliche le proprie critiche alla sicurezza dei veicoli Apollo. Eliminare un testimone dopo che ha già testimoniato è inutile.


IN DETTAGLIO: Thomas Ronald Baron era un ispettore della sicurezza e della qualità che lavorò al centro spaziale Kennedy da settembre del 1965 a novembre del 1966, segnalando ai propri superiori numerosissime inadempienze da parte del personale, la scarsa qualità delle lavorazioni e l’inosservanza delle regole di sicurezza.

Figura 9.10-1. Thomas Baron.


Le sue segnalazioni, però, non si basavano su sue osservazioni dirette, ma sulle parole di altre persone, e questo contribuì a dar loro poco peso. Alcune sue critiche, presentate alla NASA alla fine del 1966 in un rapporto di circa 55 pagine, furono accolte, ma altre vennero ritenute infondate. Baron, sentendosi ignorato, fece trapelare alla stampa le proprie segnalazioni. Questa scelta indusse la North American Aviation (la società costruttrice del Modulo di Comando dei veicoli Apollo) a licenziarlo nel gennaio del 1967.

Baron iniziò a redigere autonomamente un rapporto più dettagliato, lungo circa 500 pagine. Dopo l’incendio dell’Apollo 1, che costò la vita agli astronauti Grissom, White e Chaffee il 27 gennaio 1967, Baron consegnò il rapporto ai comitati del Congresso statunitense che stavano indagando sul disastro e il 21 aprile 1967 testimoniò di fronte a un sottocomitato diretto dal membro del Congresso Olin Teague.

Una settimana dopo aver testimoniato, Baron e la sua famiglia morirono quando la loro auto fu investita da un treno a un passaggio a livello. Il suo rapporto esteso non è più riemerso.

I fatti, raccontati in questo modo, si prestano certamente a una tesi di cospirazione: Baron sarebbe stato eliminato per zittirlo ed evitare che si venisse a sapere che il progetto Apollo era in crisi o era una messinscena.

Ma questa tesi si scontra con un problema logico fondamentale: Baron morì dopo aver parlato ai giornali, dopo aver consegnato il rapporto esteso al Congresso, dopo aver testimoniato davanti al sottocomitato della commissione, e soprattutto dopo che i problemi gravissimi della progettazione del modulo di comando Apollo erano diventati di dominio pubblico nella maniera più tragica ed evidente, ossia con la morte di tre astronauti. Eliminare Baron a questo punto della vicenda sarebbe stato assolutamente inutile.

Va inoltre sottolineato che la dinamica dell’incidente può sembrare bizzarra e sospetta a prima vista, ma se si riflette sui dettagli organizzativi di un omicidio perpetrato mediante investimento da parte di un treno ci si rende conto che coordinare un treno in modo che passi esattamente al momento giusto per colpire proprio l’auto di Baron sarebbe un modo decisamente inverosimile e assurdamente complicato di eliminare un testimone sgradito.

La sorte del rapporto di 500 pagine è poco chiara. Nei verbali della testimonianza di Baron (pubblicamente consultabili) risulta che il rapporto fu discusso e che il comitato del Congresso fu riluttante a includerlo come atto ufficiale perché la sua lunghezza rendeva scomodo e costoso duplicarlo e stamparlo, specialmente se si trattava di testimonianze di seconda mano che comunque non sarebbero state ammissibili giuridicamente.

La NASA e la North American Aviation, ossia le parti che avevano più da temere dalla sua pubblicazione, non poterono distruggere il rapporto, perché non ne ebbero mai la disponibilità: Baron lo diede direttamente ai membri del Congresso. Non si sa se fu restituito a Baron o semplicemente cestinato.

Comunque andarono le cose, l’esistenza o meno del rapporto cambia poco i fatti: la NASA e soprattutto la North American Aviation erano già sotto i riflettori per il disastro dell’Apollo 1 e le loro inadempienze erano già diventate pubbliche. Il rapporto avrebbe fatto ben poca differenza di fronte alle bare di Grissom, Chaffee e White (Figura 9.10-2).


Figura 9.10-2. La bara di Gus Grissom al cimitero di Arlington, scortata (da sinistra a destra) da Alan Shepard, John Glenn, Gordon Cooper e John Young. Foto 67-H-141. Scansione di Ed Hengeveld.