Cerca nel blog

7.17 Come faceva un modulo lunare fatto di carta stagnola a reggere così bene gli sbalzi termici?

IN BREVE: La “carta stagnola” era solo il suo rivestimento termico: sotto c’era una struttura in titanio. Grazie a questa coperta termica multistrato, il LM poteva stare sulla Luna con un lato al sole e uno all’ombra senza surriscaldarsi o congelarsi. Questo rivestimento può farlo sembrare fragile, ma in realtà era più protetto dagli sbalzi di temperatura rispetto al resto del veicolo Apollo.


IN DETTAGLIO: Durante il viaggio lunare, la grandissima differenza di temperatura fra il lato del veicolo spaziale Apollo esposto al sole e quello in ombra costringeva gli astronauti a far ruotare l’astronave continuamente intorno al suo asse longitudinale, per evitare surriscaldamenti da una parte e congelamenti dall’altra. Questa lenta rotazione era chiamata tecnicamente Passive Thermal Control e informalmente barbecue mode (letteralmente, “modalità barbecue”).

Nel Modulo di Servizio, infatti, i serbatoi del propellente dei suoi sedici motori di manovra erano adiacenti alla superficie esterna e dovevano restare entro limiti ben precisi di temperatura e pressione. Inoltre il Modulo di Comando aveva uno scudo termico che, se lasciato a raffreddarsi in ombra nello spazio per più di tredici ore, si sarebbe incrinato e sfaldato, diventando inutilizzabile e condannando l’equipaggio. Fu così escogitata la soluzione del lento rollio per uniformare le temperature di questi componenti essenziali.

Il veicolo Apollo, in altre parole, era molto delicato dal punto di vista termico. Ma il Modulo Lunare, quando era sulla Luna, non poteva più ruotare sul proprio asse. Restava a lungo (da uno a tre giorni) con lo stesso lato esposto al calore incessante del Sole e con l’altro in ombra, senza avere problemi di surriscaldamento o congelamento.

Quest’apparente contraddizione tecnica ha in realtà una spiegazione molto sensata: diversamente dal Modulo di Comando e da quello di Servizio, il Modulo Lunare non aveva bisogno di sopportare le sollecitazioni aerodinamiche del decollo dalla Terra (durante il quale era racchiuso in una carenatura), non aveva un delicato scudo termico di rientro da proteggere e non aveva serbatoi di propellente direttamente a ridosso della superficie esterna. Di conseguenza, fu possibile dotarlo di un sistema più efficiente per la regolazione della temperatura, che includeva una vera e propria coperta termica esterna di strati multipli di Mylar e/o Kapton, tenuta separata dalla cabina pressurizzata tramite dei distanziali che creavano un’intercapedine isolante, e un sublimatore simile a quello usato per le tute spaziali.

L’aspetto apparentemente fragile, da carta stagnola, del Modulo Lunare è dovuto proprio a questa coperta termica, che nascondeva la normale struttura metallica sottostante, visibile invece nelle fotografie delle Figure 7.17-1 e 7.17-2 e nei disegni delle Figure 7.17-3 e 7.17-4.

Figura 7.17-1. Un prototipo del Modulo Lunare, custodito presso lo Smithsonian National Air and Space Museum, rivela la struttura metallica celata al di sotto del rivestimento termico. Credit: NASM.


Figura 7.17-2. Un Modulo Lunare in costruzione, visto da dietro, prima di essere rivestito dalla coperta termica.



Figura 7.17-3. Uno dei numerosi disegni tecnici che descrivono in dettaglio la struttura del Modulo Lunare. Credit: HeroicRelics.com.



Figura 7.17-4. Un dettagliatissimo spaccato del Modulo Lunare, pubblicato da Flight International del 6 febbraio 1969. Scansione tratta da De la Terre à la Lune.


La coperta termica, fra l’altro non è un’esclusiva del modulo lunare Apollo: è stata usata per decenni sia dagli Shuttle statunitensi per proteggere il carico nella stiva ed è tuttora utilizzata come rivestimento esterno dai veicoli spaziali russi Soyuz, che trascorrono fino a sei mesi esposti in modo asimmetrico al calore del Sole e al freddo dell’ombra nel vuoto quando sono attraccati alla Stazione Spaziale Internazionale (Figura 7.17-5).

Figura 7.17-5. Un veicolo russo Soyuz (TMA-7) fotografato nello spazio poco dopo il distacco dalla Stazione Spaziale Internazionale mostra la coperta termica che lo riveste. Foto NASA ISS012-E-24219, 8 aprile 2006.


Anche la Cina usa una coperta termica, ancora più simile a quella del Modulo Lunare, per le proprie sonde collocate sulla Luna (Figura 7.17-6).

Figura 7.17-6. La sonda cinese Chang’e-4 fotografata dal suo rover Yutu 2 sulla faccia nascosta della Luna a gennaio 2019.