Figura 1.6-1. Preparazione di un N1, il grande razzo sovietico concepito per portare un cosmonauta sulla Luna.
L’N1 si rivelò però un pantano di rivalità fra progettisti (tanto che esisteva anche un altro progetto lunare segreto sovietico, quello del vettore UR-700, capeggiato da Vladimir Chelomei). Era finanziato inadeguatamente e tecnicamente inaffidabile: i trenta motori del suo primo stadio erano un incubo da coordinare con i sistemi di controllo dell’epoca. Era osteggiato dai militari russi perché è un costoso strumento di propaganda privo di applicazioni belliche, diversamente dai missili spaziali precedenti, che erano di derivazione militare.
Il primo volo dell’N1 avvenne senza equipaggio nel febbraio del 1969 e fu un fallimento: il missile esplose 66 secondi dopo il decollo. Ma non se ne parlò in pubblico: anzi, a maggio l’Unione Sovietica dichiarò ufficialmente di non avere alcuna intenzione di mandare cosmonauti sulla Luna perché, a differenza degli americani, non voleva rischiare vite umane nell’impresa e quindi per quest’esplorazione avrebbe utilizzato solo veicoli robotici.
Il secondo lancio dell’N1, sempre senza equipaggio, fu un disastro ancora peggiore: il 3 luglio 1969, pochi giorni prima dello sbarco americano sulla Luna, l’enorme missile russo ricadde pochi istanti dopo essersi librato dalla rampa. L’esplosione delle sue 2600 tonnellate di propellente fu la più violenta della storia della missilistica. Anche questo fallimento venne tenuto segreto; in Occidente, di questo grave incidente giunsero solo voci non confermate.
Ufficialmente, per i russi il progetto N1-L3 non è mai esistito; sarebbe proseguito, sempre in segreto, per qualche anno, collaudando in orbita terrestre il modulo lunare, ma dopo altri due lanci falliti l’N1 sarebbe stato abbandonato. Nessun russo sarebbe andato sulla Luna.
Figura 1.6-2. Il modulo lunare russo (Lunniy Korabl).
Figura 1.6-3. Confronto in scala fra il veicolo di allunaggio sovietico (a sinistra) e quello statunitense (a destra). Credit: Nick Stevens, Nick-stevens.com.
Di tutto questo non si saprà praticamente nulla pubblicamente per oltre vent’anni, ma il governo statunitense ne era al corrente in dettaglio: i suoi satelliti spia avevano fotografato l’N1 e le sue grandi basi di lancio a Baikonur e avevano immortalato anche la loro devastazione dopo il secondo lancio fallito del vettore gigante sovietico.
Figura 1.6-4. Foto dell’N1 scattata da un satellite militare KH-4 Corona degli Stati Uniti. Credit: C. P. Vick.
Il governo americano, insomma, sapeva bene che l’Unione Sovietica era fuori dalla corsa, ma non lo annunciò per non rivelare le capacità osservative dei propri satelliti e per non smorzare l’effetto propagandistico della competizione.
Segretamente non c’era più fretta di battere i rivali russi, ma pubblicamente si doveva mantenere una promessa fatta al mondo da un presidente assassinato, e così per l’opinione pubblica, ignara dei disastri dell’N1, la gara restava ancora assolutamente aperta.
Altri dettagli dei piani lunari sovietici sono nella sezione Come mai i russi non ci provarono? Sapevano che era impossibile? del Capitolo 7.