Cerca nel blog

1.4 Il primo uomo nello spazio

Nel 1961 arrivò un nuovo clamoroso record sovietico: il 12 aprile Yuri Gagarin divenne il primo uomo ad andare nello spazio, e lo fece oltretutto compiendo un’orbita intorno al mondo con un volo di 108 minuti a bordo della Vostok 1.

Figura 1.4-1. La prima pagina del quotidiano statunitense Huntsville Times del 12 aprile 1961, una delle tante dedicate all’impresa di Gagarin.


Gli americani, scioccati e battuti sul tempo ancora una volta, risposero come poterono: con un quarto d’ora di volo suborbitale da parte di Alan Shepard, il 5 maggio, a bordo di una capsula Mercury, perché i loro missili che avrebbero permesso voli orbitali umani continuavano a esplodere in volo durante le prove, mentre quelli russi si dimostravano straordinariamente affidabili (almeno in apparenza, perché in realtà i fallimenti venivano tenuti segreti).

Fu con soli quindici minuti di volo spaziale umano al proprio attivo che gli Stati Uniti lanciarono la sfida lunare all’Unione Sovietica. Il 25 maggio 1961 il presidente John Fitzgerald Kennedy fece questa dichiarazione ufficiale:

Credo che questa nazione debba impegnarsi a raggiungere il traguardo, prima della fine di questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra. Nessun singolo progetto spaziale di questo periodo susciterà altrettanta emozione nell’umanità o sarà più importante per l’esplorazione spaziale a lungo raggio; e nessuno sarà altrettanto difficile o costoso da realizzare.

In originale:

I believe that this nation should commit itself to achieving the goal, before this decade is out, of landing a man on the moon and returning him safely to the earth. No single space project in this period will be more impressive to mankind or more important for the long-range exploration of space; and none will be so difficult or expensive to accomplish.

La strategia statunitense era semplice quanto ambiziosa: definire un traguardo grandioso, che facesse colpo sul mondo intero, rilanciasse l’immagine del paese e fosse sufficientemente lontano nel tempo da dare all’industria aerospaziale nazionale il tempo di recuperare il divario coi russi.

Kennedy, però, era destinato a non vivere abbastanza da vedere l’esito della sua sfida: sarebbe stato assassinato a Dallas due anni più tardi, il 22 novembre 1963.

I sovietici, intanto, procedevano inesorabili con i propri successi. Prima ancora che gli americani riuscissero a compiere un singolo volo umano orbitale, Gherman Titov ripetè e superò l’impresa di Gagarin, effettuando ben 17 orbite ai primi di agosto del 1961 nella Vostok 2.

Gli Stati Uniti effettuarono un altro volo suborbitale, con Gus Grissom il 21 luglio 1961, e finalmente il 20 febbraio 1962, quasi un anno dopo il primato russo, riuscirono finalmente a mettere un americano in orbita: John Glenn, nella capsula Friendship 7.

Ma l’Unione Sovietica rilanciò: ad agosto fece volare due capsule spaziali contemporaneamente (Vostok 3 e 4). I cosmonauti Nikolayev e Popovich si trovarono brevemente a meno di cinque chilometri l’uno dall’altro e Nikolayev stabilì il record di durata (quattro giorni nello spazio) mentre due telecamere lo mostravano ai telespettatori russi.

Nel giugno del 1963 Valentina Tereshkova, a bordo della Vostok 6, divenne la prima donna a volare nello spazio. La Tereshkova fu anche il primo civile a compiere una missione spaziale, dato che tutti gli astronauti americani e i cosmonauti sovietici precedenti erano membri delle rispettive forze armate. Il suo volo di 48 orbite durò più di tutti i voli umani statunitensi effettuati fino a quel momento messi insieme. Nessun’altra donna sarebbe andata nello spazio per altri diciannove anni (fino al 1982, con il volo della russa Svetlana Savitskaya a bordo della Soyuz T-7; la prima americana sarebbe stata Sally Ride, nel 1983, con lo Shuttle Challenger per la missione STS-7).

Il 12 ottobre 1964 l’Unione Sovietica realizzò la prima missione con equipaggio plurimo: la Voskhod 1 portò in orbita ben tre cosmonauti (pigiati e senza tuta, con rischio altissimo, per pura propaganda) prima ancora che gli americani riuscissero a farne volare due insieme.

Anche la prima uscita extraveicolare (“passeggiata spaziale”) è un record russo: lo stabilì il 18 marzo 1965 Alexei Leonov uscendo dalla Voskhod 2 (Figure 1.4-2 e 1.4-3). Gli Stati Uniti si dovettero accontentare del primo volo di una sonda verso Marte effettuato con successo (Mariner 4).

Figura 1.4-2. Alexei Leonov durante la prima “passeggiata spaziale”. Credit: FAI.


Figura 1.4-3. Filmato parziale della prima “passeggiata spaziale” della storia. Credit: Roscosmos.


Il primo allunaggio morbido di una sonda automatica e le prime immagini trasmesse dalla superficie della Luna furono anch’esse un successo sovietico, con la sonda Luna 9, nel febbraio del 1966.

Ma intanto gli americani avevano acquisito esperienza con i voli spaziali umani e con le tecniche necessarie per lo sbarco sulla Luna: fra il 1965 e il 1966, le capsule del programma Gemini portarono coppie di astronauti a compiere cambi di orbita, voli di lunga durata (fino a 14 giorni), passeggiate spaziali e rendez-vous con attracco, stabilendo anche il record di distanza dalla Terra: nella missione Gemini 11 (12-15 settembre 1966), Charles “Pete“ Conrad e Richard F. Gordon raggiunsero un’altitudine di 1374 km e divennero i primi uomini a vedere la Terra come una sfera.

Figura 1.4-4. La capsula Gemini 7, fotografata dagli astronauti della Gemini 6. Foto NASA KSC-65PC-171.


Inoltre le sonde automatiche Lunar Orbiter eseguirono rilievi fotografici della Luna e le Surveyor vi atterrarono, saggiando la consistenza del suolo. Il ritardo rispetto ai sovietici era sostanzialmente recuperato.

Invece il programma Apollo, che avrebbe dovuto portare l’America a camminare sulla Luna, era in crisi profonda. Il 27 gennaio 1967 Gus Grissom, Ed White e Roger Chaffee perirono nell’incendio della propria capsula durante un’esercitazione sulla rampa di lancio (Figura 1.4-5; CBS News Special). Fu uno shock nazionale che impose la drastica riprogettazione del veicolo.

Figura 1.4-5. La capsula devastata dell’Apollo 1.


Il 1967 vide anche una perdita sovietica: il 24 aprile si verificò la prima morte di un uomo durante un volo spaziale. La Soyuz 1, approntata frettolosamente per appagare la fame di propaganda del governo russo, si schiantò al suolo durante il rientro, uccidendo il cosmonauta Vladimir Komarov.

Alcuni ricercatori (per esempio i fratelli Judica Cordiglia) affermano di aver intercettato comunicazioni di altre missioni russe terminate in modo fatale e tenute tuttora segrete. Anche lo Huntsville Times (pubblicato ad Huntsville, Alabama, sede del Marshall Space Flight Center) che annuncia il volo di Gagarin (Figura 1.4-1) segnala, nella medesima prima pagina, queste ipotesi: l’articolo Reds Deny Spacemen Have Died cita i sospetti in questo senso del generale Don Flickinger, capo della divisione medica del programma di selezione e addestramento degli astronauti dell’USAF, e la secca smentita dei sovietici. Tuttavia le verifiche incrociate degli storici dell’astronautica non consentono, per ora, di ritenere sufficientemente fondate queste affermazioni.