Chi dice che gli sbarchi umani sulla Luna furono falsificati afferma di trovare prove evidenti nelle fotografie presentate al mondo dalla NASA cinquant’anni fa. Ma molte di queste accuse nascono dall’ignoranza dei principi di base della tecnica fotografica.
Non c’è da sorprendersi: oggigiorno molte persone non hanno mai usato altro che le fotocamere completamente automatizzate incorporate nei telefonini e hanno quindi pochissima conoscenza dei dettagli della tecnologia fotografica di oggi, men che meno di quella chimica degli anni Sessanta.
Concetti come la messa a fuoco, i tempi di posa, il diaframma, la sensibilità della pellicola (o del sensore) e la profondità di campo, che un tempo facevano parte del bagaglio obbligatorio di chiunque maneggiasse una macchina fotografica perché gli automatismi non c’erano o esistevano soltanto nei modelli più costosi, oggi sono pressoché sconosciuti al grande pubblico.
Col passare del tempo, persino l’idea stessa di usare un rullino e di dover sviluppare le foto in una serie di bagni chimici prima di sapere se erano venute bene sta diventando un ricordo sbiadito e arcaico come quello di un grammofono nell’era degli iPod. Eppure fu con questi mezzi che, per oltre un secolo e mezzo, furono scattati innumerevoli capolavori di fotografia e fu con questi stessi mezzi che gli astronauti fecero foto sulla Luna.
Molti di coloro che oggi sono da poco maggiorenni, per esempio, non hanno mai maneggiato una fotocamera tradizionale e spesso non hanno idea di cosa sia la pellicola fotografica, per cui perdonatemi se alcune delle descrizioni tecniche vi sembreranno eccessivamente dettagliate.